mercoledì 9 novembre 2011

Su due righe_1

Già nell’istante successivo a quello in cui esco dalla doccia, inizio a sporcarmi, il corpo non tollera di restare pulito e subito ricomincia, assorbe e spurga da sé la sporcizia del mondo.

Venire da te in questo pomeriggio di sotto-passaggi allagati, fino ai territori sconosciuti in cui ti nascondi, nella tua lontana calda capsula vitale.

E allora i pomeriggi d’acqua e di vento, a nuoto sotto le falesie di Sarìa? E allora quelle notti assolute di stelle? E allora il meteorite che a mezzanotte fece giorno sull’Egeo?

Ci sono le foto a dirti che c’eri. Sei esistito in quegli anni e il tuo corpo non era come adesso. Sulla soglia dei Sessanta, eri magro agitato stronzo intelligente, senza un’idea chiara in testa, che fosse una.

Ci sono foto che dicono che a due anni giocavi sulla breccia bianca dell’isola-giardino al centro della Piazza. Quella Piazza l’hai sempre pensata tonda e invece è quadra.

La città ci sopravvive, seguita, va avanti, si trasforma senza di noi. Ma di noi ha pur avuto bisogno, un tempo, per potersi dire abitata.

Eppure tutto si consuma lo stesso, anche le cose più dure sublimano, perdono molecole. Se il ferro ha un odore, quello è il suo lento disfarsi nello spazio e nel tempo. Succede anche ai serpenti in travertino.

Ci sono foto che dicono che hai avuto trent’anni. È incredibile, ma tu davvero hai avuto trent’anni?

Ancora pesci morti quest’oggi nelle pescherie. Sono sempre meno, sempre più opachi, residuali, falsificati negli allevamenti. A questo punto potremmo anche smettere. Se muore il mare muore tutto il resto.

Si vendono ciottoli sbiancati, allo smorzo. E mattonelle nuvolate finto-antiche. E tegole falsamente macchiate dal tempo. Gli smorzi sono depositi culturali, bussole che ci dicono a che punto siamo.

Ripasso spesso distrattamente nei punti di questa città dove stavo per perdere la vita. A quell’incrocio ogni tanto cerco di rivedermi, sdraiato sull’asfalto in mezzo alla strada.

Aspetto che si metta di fianco e intanto lo seguo, finché mi regge il fiato. Poi lo fa. Tiro il grilletto a braccio teso. Da questo istante in poi, tutto si semplifica in modalità binaria: lo colpisco/lo manco.

Ma c’è sempre una terza possibilità: ferirlo senza trattenerlo. In modo che se ne vada a morire per conto suo, sotto una roccia. Inutilmente.

3 commenti:

  1. A questo indirizzo avevo trovato una Berlino trilitica. Si è spostata a un altro indirizzo? Son felice di ritrovare cose, ma Berlino un po' mi manca

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  2. Vengo dalla lettura del vostro libro questaedaltrepreistorie che molto mi ha colpito e commosso. Finalmente è arrivata un po' di Roma che non fosse la solita, la vostra Roma può spingersi ad intuirla anche un trevigiano come me. Mi avete fatto sentire Roma. E'quella la città che cercherei se vi abitassi. Quella che comunque resterà incomprensibile alle province.
    Non fosse timore di essere sfacciato vi esorterei di continuare a scrivere sul vostro blog. Di continuare a regalarci.
    Marco.

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  3. Sono curiosamente intimorito. Non so perché abbia smesso di condividere, probabilmente vuole il suo silenzio rispettato. Non farò molto rumore. Volevo ringraziarla, molte delle sue parole mi hanno dato tanto, in modi rari.

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